Il Museo è collocato nei locali adiacenti alla chiesa. Vi si accede dal sagrato antistante la facciata attraversando il suggestivo chiostro databile alla fine del XIII o all’inizio del XIV secolo. Contiene opere provenienti dalla Collegiata stessa e da chiese limitrofe: argenterie e arredi sacri, dipinti, sculture, mobili, codici e materiale d’archivio.
Nella prima sala dopo l’ingresso accoglie il visitatore un polittico di gran pregio, databile al terzo decennio del Quattrocento e raffigurante la Madonna in trono col Bambino e santi. L’opera, dipinta a tempera su tavola a fondo oro con punzonature, è stata assegnata negli ultimi interventi critici a un pittore di cultura ligure. E’circondata da una carpenteria dorata che evidenzia l’efficace collaborazione tra carpentiere e pittore, come accadeva spesso nei polittici dell’epoca.
Accanto a questo importante retablo trovano spazio altri dipinti significativi, tra i quali la tavola di Cristoforo Caselli (Parma, 1460 ca. – 1521) raffigurante l’Adorazione dei pastori con San Pietro e San Giovannino, dipinta intorno al 1500. Un affresco frammentario raffigurante la Madonna col Bambino è stato attribuito a Antonio de Carro, pittore piacentino di notevole levatura, autore di un polittico ora al Musée des Arts Décoratifs di Parigi (proveniente dal monastero di Sant Franca in Pittolo) e di un dipinto murale staccato conservato nel museo della cattedrale di Piacenza.
Nella seconda sala espositiva trovano spazio le tele, di grande suggestione visiva, con Cristo deriso, Cristo coronato di spine e la Pietà, dovute al famoso pittore napoletano Gaspare Traversi. Furono eseguite a Roma su commissione di Padre Raffaello de Rossi da Lugagnano tra il 1753 e il 1755 per chiesa e convento di Santa Maria Monteoliveto di Castell’Arquato. Altra tela ragguardevole, qualificata dal morbido impasto delle tinte tipico dell’autore, è quella raffigurante la Deposizione datata e firmata dal bavarese Ignazio Stern nel 1722. Il museo conserva anche quadri del nostro Gaspare Landi (Piacenza, 1756-1830). Tra le argenterie esposte non mancano vere e proprie rarità. Di spicco il calice in argento dorato databile tra fine secolo XV e inizio Cinquecento, che ben esemplifica i modelli in uso all’epoca, provvisto di base mistilinea traforata con medaglioni incisi a soggetto sacro e nodo schiacciato a castoni. La croce astile in argento, rame e smalti traslucidi riconducibile al periodo tra XIV e XVI secolo, è un capolavoro di arte orafa arricchito da un’impugnatura del 1544 con basamento recante piccole sculture di santi a tutto tondo, opera del bergamasco Bartolomeo Zucconi per la Comunità.
In una delle sale è custodito un monumentale mobile di sacrestia con motivi intarsiati a toppo su fogli pergamenacei manoscritti nel fronte. Segue modelli diffusi in ambito padano nel Quattrocento, dei quali si sono conservati scarsi originali, pertanto si tratta di un manufatto di notevole importanza: probabilmente è identificabile con il mobile citato nel Liber oblationum et expensarum redatto a partire dal 1441. Il registro riporta spese effettuate tra 1442 e 1443 per un armadio posto in sacrestia, approntato a Piacenza da “Richardino provinciale”.
Uno dei pezzi più importanti del museo è il paliotto con la Comunione degli apostoli, ricondotto alla manifattura bizantina di fine secolo XIII – inizio secolo XIV. Si tratta di un’opera particolarmente significativa per esecuzione e iconografia. Nel museo si conservano anche la mantellina indossata da papa Paolo III Farnese in occasione della sua visita a Castell’Arquato (1543) e altri paramenti considerevoli, tra cui un piviale cinquecentesco in seta bianca con stolone e cappuccio ricamati a soggetto sacro e pianete broccate del Settecento di gusto Revel.